INNOVARE PER RISOLVERE: IL PROBLEM SOLVING STRATEGICO

di Marina Buffoni

Per reggere il passo in un mondo sempre più in rapida evoluzione, le aziende necessitano di continui cambiamenti strategici. Quando i cambiamenti non si verificano o non si realizzano nella maniera adeguata, l’organizzazione entra in crisi, in altri termini “si ammala”.
E allora l’azienda deve trovare altre nuove efficaci soluzioni in tempi rapidi, o soccombe. Quindi è necessario sviluppare, all’interno delle aziende, il moderno pensiero strategico del problem solving che è l’arte di risolvere complicati problemi mediante soluzioni apparentemente semplici, ovvero di ottenere il massimo con le risorse disponibili.Il principio è quello di condurre le persone a cambiare le loro prospettive e i  loro comportamenti in azienda, ossia, condurre le organizzazione al cambiamento strategico delle loro realtà disfunzionali.
E’ indispensabile chiarire che, quando parliamo di problem solving strategico, noi ci riferiamo ad un particolare modello di soluzioni di problemi che ha alla base un’epistemologia e una logica ben precise ed evolute e va quindi distinto da altri modelli come la strategia di gestione aziendale, o strategie vincenti di marketing o strategie di comunicazione interna ed esterna dell’azienda. Infatti il problem solving strategico si rifà a quella branca specialistica della logica matematica nota come “logica strategica” (Elster, 1979, 1985; Da Costa 1989).
Tale logica si differenzia dalle logiche tradizionali per la sua caratteristica di mettere a punto il modello di intervento sulla base degli obiettivi prefissati e delle specifiche caratteristiche del problema affrontato, piuttosto che sulla base di una rigida teoria precostituita.

 

Questo significa che non si tratta di modelli rigidi né fortemente influenzati dalla teoria di riferimento, ma invece dalle caratteristiche del problema da risolvere. Già Schopenhauer aveva evidenziato l’influenza esercitata dalla teoria e dai modelli assunti nella relazione del soggetto con la realtà che si trova a gestire. “Sono le teorie che determinano ciò che possiamo osservare” affermava Einstein già negli anni ’30. Nell’approccio strategico evoluto, al contrario, il presupposto fondamentale è la rinuncia a qualsiasi teoria forte che stabilisca a priori la strategia di intervento. In quest’ottica si evita di dare una definizione della natura delle cose e, di conseguenza, di determinare una modalità di intervento definitiva e universale. Il primo passo sarà quello di evitare posizioni deterministe fin dalla prima osservazione della realtà su cui si dovrà intervenire. Innanzitutto è importante evitare il porsi la domanda del “perchè”. Tale tipo di domanda, infatti, implica l’esistenza di un processo di casualità lineare alla base dei fenomeni, e rimanda dunque a una teoria di riferimento forte in grado di spiegare il perché delle cose, che noi rifiutiamo. In base a quanto detto, sostituiremo la domanda perché con quella del come funziona. Da qui è possibile la costruzione e l’applicazione di una strategia, che contenga i seguenti presupposti: 1. la strategia deve adattarsi al problema e alle persone (non viceversa); 2. la strategia deve mirare a piccoli cambiamenti all’interno del sistema; 3. la strategia deve essere comunicata utilizzando il linguaggio e la logica delle persone coinvolte nel processo di cambiamento; 4. la strategia deve essere modificata qualora i risultati fossero insoddisfacenti.